Enuresi
Il bambino, tipicamente, inizia ad acquistare un controllo sulla minzione intorno ai 3-4 anni. Dai 5 anni in poi, il controllo diventa totale sia il giorno che la notte. In clinica ci si riferisce ad un disturbo di enuresi (frequentemente notturna) quando, pur essendo sano, si fa la pipì addosso in maniera involontaria, completa ed incontrollata, durante il sonno, ad un’età in cui il controllo vescicale dovrebbe già essere raggiunto. Il problema ha una forte componente ereditaria e riguarda bambini di almeno 5 anni.
L’enuresi può manifestarsi in maniera continua, se si presenta ogni notte, o saltuaria se ci sono episodi di risveglio asciutti. Quando il bambino risulta incontinente per almeno sei mesi, in assenza di un precedente apprendimento, parliamo di enuresi primaria. Si tratta invece di enuresi secondaria se il bambino ha mostrato periodi di continenza di almeno sei mesi e presenta una ricaduta.
Per fare diagnosi di enuresi, la perdita di urine deve avvenire per un periodo di almeno tre mesi con una frequenza di almeno due volte a settimana. A ciò si associa una compromissione del normale funzionamento del bambino nelle aree dell’interazione con i coetanei, nella vita scolastica e con il mondo esterno in genere. Nel caso di enuresi secondaria, la perdita di urine è spesso consequenziale a cambiamenti vissuti come traumatici nella vita del bambino, come per esempio la nascita di un fratellino o un ambiente familiare poco sereno.
Cause ed esordio del disturbo di enuresi
Come visto c’è una familiarità al disturbo, in particolare per quello che concerne le condizione fisiche. Nel caso di eventi traumatizzanti nel corso dello sviluppo, l enuresi secondaria può essere vista come manifestazione fisica di una condizione di stress psicofisico. L’enuresi è un disturbo piuttosto frequente che colpisce i maschi in misura maggiore rispetto alle femmine. Si stima che ogni anno i bambini che soffrono di enuresi notturna sono circa 5-7 milioni.
Il disturbo sembra esordire nella maggioranza dei casi intorno ai 4 anni. Il disturbo determina però disagi e conseguenze a livello psicologico in quanto limiterà il bambino ad esporsi alle situazioni sociali e tenderà a ritirarsi e isolarsi. In genere si riscontra un forte senso di vergogna e il rifiuto a partecipare ad attività che comportano l’uscita dall’ambiente familiare e il pernotto fuori casa. A ciò si aggiunge il disagio causato dalla reazione agli episodi di enuresi da parte dei coetanei e, ancor di più, l’incomprensione, la rabbia e talvolta il disgusto di chi si prende cura del bambino.
Trattamento dell’enuresi
Il disturbo mostra nella maggior parte dei casi una tendenza spontanea alla remissione. Nel caso in cui ciò non avvenga si ricorre alla psicoterapia solitamente intorno ai sei-sette anni, dopo un’accurata analisi che esclude eventuali cause organiche. Il trattamento cognitivo-comportamentale rappresenta la psicoterapia che ad oggi ha mostrato maggiore efficacia. Il trattamento cognitivo-comportamentale prevede sessioni di lavoro sia con il bambino, sia con i genitori e previene la cronicizzazione del disturbo. La buona riuscita dell’intervento è supportata, oltre che dalla necessaria motivazione da parte dei genitori, anche da quella del bambino che, a questa età, inizia a prendere parte ad attività di socializzazione e desidera non avere più questo problema.
Il trattamento evidence-based per l’enuresi notturna (prevalentemente di tipo comportamentale) ad oggi maggiormente efficace, prevede l’impiego di un allarme acustico che, posizionato sugli indumenti intimi del bambino, emette un suono alla perdita delle prime gocce di urina. Si tratta di una tecnica comportamentale che, insieme a una corretta igiene del sonno e a una routine da seguire prima di andare a letto e durante i risvegli causati dall’allarme, permette l’apprendimento di abilità specifiche di controllo urinario. Il trattamento descritto è accompagnato anche da una fase psicoeducativa per i genitori e per il bambino e da un lavoro a livello cognitivo, finalizzato a sostenere i genitori nel ristabilire l’equilibrio familiare e nell’adottare con il bambino il giusto stile educativo, ad aiutare il bambino ad esplorare le proprie risorse, ad accettare i cambiamenti in maniera più funzionale, a riacquistare la fiducia in sé stesso per reinserirsi in maniera adeguata nell’ambiente.
Encopresi
Il bambino che presenta encopresi fa la cacca addosso più volte nel corso della giornata, a volte in maniera involontaria, altre volte volontaria. Questo accade in luoghi inappropriati, per esempio vestiti o pavimento, almeno una volta al mese per un periodo minimo di 3 mesi. Per poter far diagnosi di encopresi, il bambino deve avere almeno 4 anni e deve aver fatto tutti gli accertamenti possibili per escludere una possibile patologia di natura organica o fisiologica.
L’encopresi può essere primaria, se il controllo degli sfinteri non è mai stato acquisito, e quindi il bambino non ha mai imparato ad utilizzare il vasino per fare la cacca; secondaria se il controllo degli sfinteri è stato precedentemente acquisito in maniera adeguata e poi perduto, cioè per un periodo ha defecato nel vasino o nel WC e in un secondo momento ha cominciato invece a farsela addosso. In alcuni casi, quando le feci vengono trattenute volontariamente fino ad un limite massimo di sopportazione, possiamo avere il “megacolon psicogeno”. In pratica, la cacca che si accumula nella parte terminale dell’intestino, lo dilata in maniera cronica al punto che il bambino non avverte più lo stimolo. L’encopresi si manifesta:
- con costipazione e incontinenza da sovrariempimento: all’esame obiettivo addominale o rettale risulta la presenza di una grossa massa fecale o un’anamnesi di frequenza di defecazione inferiore a tre volte alla settimana. Le feci sono generalmente poco formate e la fuoriuscita può variare da poco frequente a continua, per lo più durante il giorno. Quando il bambino prova a defecare soltanto parte delle feci viene eliminata e l’incontinenza si risolve dopo il trattamento della costipazione.
- senza costipazione e incontinenza da sovrariempimento: all’esame obiettivo o all’anamnesi le feci risultano solitamente di consistenza normale e il soggetto si sporca in modo intermittente. Questa condizione è generalmente associata con la presenza di Disturbo Oppositivo Provocatorio o Disturbo della Condotta.
Cause ed esordio dell’encopresi
Le cause del disturbo possono riguardare diversi fattori:
- organici: costipazione cronica, megacolon, malattie gastrointestinali:
- cognitivi: disturbi dell’apprendimento, deficit cognitivi;
- psicologici: alterati rapporti familiari ed in particolare atteggiamenti iperprotettivi, aspettative e/o richieste eccessive da parte dei genitori, ansia, esperienze di abuso passate e presenti. L’encopresi può segnalare uno stato di disagio del bambino che utilizza il corpo per esprimere lo stato di ansia e aggressività percepita nel doversi adeguare alle richieste dei genitori o può assumere un significato francamente oppositivo con il rifiuto da parte del bambino di aderire al modello educativo proposto dai genitori.
L’encopresi è un problema piuttosto frequente tra i bambini dai 4 ai 13 anni. Solitamente tende ad esordire intorno ai 4 anni. Il disturbo può essere mantenuto da un comportamento da parte del bambino di non voler assecondare gli stimoli intestinali all’evacuazione, che causano accumulo di massa fecale per poi fuoriuscire successivamente in modo incontrollato. La perdita di controllo rispetto alle fuoriuscite confonde il bambino e innervosisce il genitore che ritengono volontario l’insudiciamento della biancheria.
L’incapacità a controllare l’emissione delle feci è umiliante e il bambino vive con la paura di essere smascherato, in particolare di fronte ai coetanei e quindi si appropria di un’ampia gamma di strategie che dovrebbe aiutarlo a contenere le intense emozioni che circondano il problema (atteggiamenti di indifferenza e/o isolamento). L’autostima si riduce e possono manifestarsi tendenze all’isolamento in un quadro di diffusa depressione oppure di eccessiva dipendenza da parte dei genitori o ancora di aperta aggressività. Frequente è anche uno scarso controllo dell’aggressività, di una scarsa tolleranza all’ansia e alle frustrazioni. Non solo le attività sportive o ricreative del bambino sono compromesse, ma anche quelle dei familiari e dei fratelli restii a socializzare con comuni amici per l’imbarazzo causato dalla situazione.
Trattamento dell’encopresi
La terapia dell’encopresi segue quattro linee fondamentali:
- la dieta: la scelta di una dieta adeguata costituisce un mezzo fisiologico utilissimo per contrastare la stitichezza frequentemente associata all’encopresi.
- I farmaci: il trattamento farmacologico viene concordato con il pediatra o il neuropsichiatra infantile e comprende l’uso di clisteri, supposte e lassativi il cui utilizzo varia a seconda dei casi.
- La regolarità: si stabiliscono dei comportamenti ripetitivi per indurre il bambino ad acquisire una certa regolarità della defecazione e le abitudini relative all’uso del gabinetto. È necessario che il bambino abbia ritmi alimentari il più possibile regolari, nonché una buona igiene del sonno. Importante anche l’esercizio fisico.
- L’addestramento: si effettua attraverso i metodi comportamentali che consentono di facilitare l’apprendimento e il riapprendimento del bambino attraverso tecniche basate sull’uso del rinforzo e vengono utilizzate tecniche atte ad aumentare la capacità di riconoscere lo stimolo defecatorio.
Di grande importanza è l’intervento di cognitivo per il controllo dei problemi emotivi e per modificare gli atteggiamenti del bambino e dei familiari legati all’encopresi all’interno di un approccio collaborativo. Con l’intervento cognitivo-comportamentale si aiuteranno i genitori a capire e modificare i comportamenti che mantengono il problema e il bambino a riacquistare la sua autostima e a sentirsi sicuro di sé, a gestire le emozioni e a migliorare le sue abilità sociali intaccate dall’isolamento.
Bibliografia
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