Disturbo Evitante di Personalità

Il Disturbo Evitante di Personalità (DEP) ha una prevalenza di circa il 2,4% e colpisce ugualmente sia i maschi che le femmine.

Il DSM-5 definisce il DEP come un pattern pervasivo di inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità al giudizio negativo, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti.
In particolare soggetti con DEP hanno la tendenza ad utilizzare l’evitamento come strategia principale per fronteggiare i loro problemi relazionali; possono così evitare attività lavorative dove è necessario relazionarsi con molte persone poiché temono di poter essere criticati, giudicati o rifiutati. Anche eventuali promozioni sul lavoro vengono rifiutate, per timore di poter essere criticati dai colleghi.

Negli evitanti è presente una difficoltà a relazionarsi con persone a meno che non siano sicuri di piacere e, a meno di prove contrarie, gli evitanti si relazionano con gli altri ipotizzando che sicuramente saranno criticati o disapprovati. Per questo motivo, anche all’interno delle poche relazioni intime che hanno, incontrano difficoltà ad aprirsi e a parlare di sé per paura di poter essere umiliati o ridicolizzati. Il timore di poter essere rifiutati o criticati li porta ad essere estremamente sensibili ad ogni forma anche lieve di giudizio e sentirsi profondamente feriti.

disturbo evitante depressione

La loro paura di poter essere giudicati li porta ad essere distanti dagli altri, nonostante muovano da un desiderio forte di appartenenza. La percezione di sé è di persone inadeguate, con bassa autostima, inferiori e meno intelligenti o attraenti degli altri. Rifiutano qualsiasi nuova attività che possa portarli a sperimentare imbarazzo.

Stati mentali e cicli interpersonali disfunzionali ricorrenti nel Disturbo Evitante

Secondo l’approccio cognitivo-comportamentale (Dimaggio & Semerari, 2003, Procacci, Popolo & Marsigli, 2011) nel Disturbo Evitante di Personalità possono essere presenti i seguenti stati mentali:

  1. stato di estraneità, caratterizzato dalla presenza di vissuti di estraneità nei confronti degli altri;
  2. stato di esclusione, nel quale la distanza dalle relazioni è ancora più evidente e prevale la paura di poter essere giudicato negativamente, di essere inferiore agli altri, e a livello emotivo, sono presenti emozioni di imbarazzo e vergogna.
  3. stato di paura e di minaccia, che si attiva quando l’evitante deve affrontare situazioni relazionali o sociali nuove. In questo caso la strategia di coping utilizzata più spesso è l’evitamento attivo della situazione;
  4.  stato di rifiuto, nel quale si può transitare dallo stato di esclusione e che si caratterizza per la presenza di vissuti di umiliazione, rifiuto e giudizio negativo;
  5. stato di ingiustizia subita, che si attiva nei confronti di quelle poche relazioni affettive che coltiva (familiari o di coppia), e dalle quali può sentirsi limitato e vivere un senso di costrizione (assecondare l’altro poiché il rischio sarebbe la perdita della relazione) che generano in lui sentimenti di rabbia, prontamente inibita;
  6. stato di rivalsa narcisistica: è uno stato che emerge durante fasi avanzate della psicoterapia e si caratterizza per una metamorfosi caratteriale in cui predominano indifferenza e disprezzo per il giudizio degli altri, desiderio di essere al centro dell’attenzione e sensazione di superiorità. Tali sensazioni non acuiscono i sentimenti di estraneità, distanza e non appartenenza;
  7. stato di gratificazione solitaria, nel quale l’evitante cerca dei piccoli spazi di solitudine dove coltivare interessi e piccoli piaceri personali che solo all’inizio possono rappresentare un buon modo per evitare forme di depressione.
  8. I cicli interpersonali principali generati dagli stati mentali problematici del soggetto evitante sono fondamentalmente tre. Nel ciclo dell’estraneità/distacco prevale la sensazione di estraneità e il conseguente impaccio relazionale. L’altro rimane distante dalla relazione in attesa di segnali di avvicinamento mentre l’evitante interpreta tale distanza come una conferma della sua diversità. Nel ciclo dell’inadeguatezza/rifiuto prevale il timore del rifiuto conseguente ad un altro giudicante che si rende conto dello scarso valore personale. E’ presente una forte attivazione neurovegetativa che viene letta come conferma della propria inadeguatezza e induce comportamenti goffi e di timore che portano gli altri a ritenerlo inadeguato e rafforzando il senso di inadeguatezza personale in una sorta di profezia che si autoavvera. Nell’ultimo ciclo, quello della costrizione/evitamento, l’evitante legge la relazione con l’altro come oppressiva e gli attribuisce la volontà di sfruttarlo o sottometterlo. Il sentimento prevalente è di rabbia che viene inibita. L’altro si sente ferito dal mancato coinvolgimento nella relazione e si sente solo nella gestione delle emozioni che l’evitante non discute.

Bibliografia

American Psychiatric Association (APA), (2013). Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, trad. ita a cura di Biondi M. (2014), Raffaello Cortina Editore, Milano.
Dimaggio & Semerari (2003). I Disturbi di Personalità Modelli e Trattamento. Editori Laterza,
Roma.
Procacci M., Popolo R. e Marsigli N. (2013). Ansia e ritiro sociale. Raffaello Cortina Editore, Milano.